BREVE GUIDA ALLA RIEVOCAZIONE STORICA DELLO SBARCO, ARRESTO, CONDANNA E FUCILAZIONE DEL RE GIOACCHINO MURAT
Rievocare la storia vuol dire riviverla nei minimi particolari nel rispetto dei luoghi, degli abiti e divise militari, delle armi e delle attrezzature del tempo rievocato. E voi, cari Signori, oggi rivivrete insieme a Noi una vicenda risalente a 204 anni fa che vide, con la morte di Gioacchino Murat, la fine dell’Impero Napoleonico in Italia e l’inizio del Risorgimento Italiano. Murat parte da Ajaccio in Corsica con obiettivo la costa di Salerno, per ricongiungersi alle truppe murattiane che il Re Borbone aveva riunito in quel territorio per tenerle sotto controllo. Ma una tempesta semi-distrugge la sua flotta che ridotta a due navi giunge in Calabria. A Pizzo arriva la mattina dell’8 ottobre del 1815 in una splendida giornata di mare calmo e sole splendente. Sbarcato alla Marina di Pizzo non trova nessuna resistenza da parte delle truppe borboniche e risale verso la Piazza Centrale di Pizzo. Giunto in Piazza vede un reparto di cannonieri di stanza presso il Castello del Pizzo intento a fare esercitazioni prima di recarsi alla Messa. Si avvicina e dichiara ad alta voce il suo nome invitandoli ad abbandonare il Re Ferdinando IV per seguirlo. Ma i soldati lo ascoltano a malavoglia terrorizzati della situazione in cui sono venuti a trovarsi. E poco alla volta si defilano scomparendo dalla vista del Re, che rimane solo con le sue truppe costituite da 29 uomini. Subito dopo si avvicina un uomo il quale riconoscendo il re si qualifica come facente parte dell’ex esercito murattiano e si dichiara disposto a seguirlo. Nel mentre tutta la popolazione di Pizzo e dei paesi limitrofi si allontana dalla piazza e si chiude nelle case, restando in attesa del prosieguo degli eventi. Tutto avrebbe potuto accadere compreso lo scontro a fuoco tra le due fazioni, la gente a paura, non si schiera a favore di Murat come Lui avrebbe desiderato ma neanche lo contrasta. Il Devoux a questo punto consiglia Murat di lasciare Pizzo, dove la popolazione non è a Lui favorevole e di raggiungere Monteleone, da Re ampiamente gratificata durante il suo Regno. Elevata a Capoluogo della Calabria Ulteriore, abbellita ed arricchita di nuovi edifici, Monteleone gode di un periodo di splendore mai visto nella sua ultra millenaria storia. Non solo a Monteleone era fortissima, come lo è anche oggi, la Massoneria e Murat era Capo del Movimento Massonico. Quindi era ragionevole aspettarsi un’accoglienza notevolmente migliore di quella che gli aveva riservato la Città di Pizzo. Sale per Via delle Grazie fino all’inizio del sentiero che ricongiungeva la stessa con Via Nazionale (S.S.18). Qui si ferma in attesa della consegna di un cavallo per affrontare il percorso fino a Vibo. A Pizzo nel frattempo i seguaci dei Borboni (proprietari terrieri e loro clientele) trovano nel Capitano Trentacapilli l’autorità sotto la quale mettere le proprie forze antifrancesi. Trentacapilli forma dei Gruppi armati e decide di affrontare Murat per fermarlo. Murat resiste, partono dei colpi e si scatena la battaglia. Murat precipitosamente discende alla Marina dove aveva dato ordine al suo Capitano di trovarsi in caso di disordini. Ma il Barbarà, tradendo la fiducia di Murat, aveva preso il largo timoroso che dal Castello del Pizzo i cannonieri avessero potuto mandarlo a picco. Murat si ritrova con pochissimi uomini e nulla può contro la popolazione del Pizzo fedele a Re Ferdinando ed alle truppe borboniche, comandate dal Trentacapilli, subito occorse per arrestare il Re. Spogliato delle armi e degli averi, umiliato dalle grida offensive della popolazione e maltrattato dai soldati borbonici, viene tradotto nelle prigioni del castello del Pizzo. Qui trascorre cinque giorni fino al 13/10/1815 durante i quali in un continuo di alti e bassi viene rifocillato, curato ed assistito al meglio, grazie all’interessamento dell’Alcala’ Sovra intendente del feudatario del Pizzo Principe dell’Infantado. La notizia giunta a Napoli provoca ansia ed agitazione nei Reali Borbonici i quali subito si attivano per trovare il mezzo per liberarsi di Murat. Lo individuano nominando una Commissione Militare la quale avrebbe dovuto giudicare il Re il quale avrebbe dovuto essere fucilato quindici minuti dopo la sentenza. Nel tardo pomeriggio del 13/10/1815 sul far della sera la sentenza gli viene comunicata. Un sacerdote, il Canonico Masdea, cerca di confessarlo. Murat risponde di non avere peccati da dichiarare ed allora il Canonico gli fa sottoscrivere una dichiarazione di morire da buon cristiano. Murat firma la lettera e chiede, negli ultimi minuti della sua esistenza, di poter scrivere per congedarsi dalla famiglia. Scrive una struggente lettera di addio che sarà letta durante la rievocazione sia in lingua italiana che francese. Tutto è compiuto e Murat, l’Achille di Francia, il vincitore di 100 battaglia, il comandante della Cavalleria della Grande armata napoleonica, muore fucilato da un plotone di esecuzione composto dalla Guardia Reale fatta venire appositamente da Messina. Muore Murat ma non muoiono le sue idee. Il Proclama di Rimini continuerà ad urlare nelle orecchie e nelle menti degli eroi del Risorgimento Italiano che il popolo italiano è un unico popolo e come tale deve avere un unico stato indipendente dagli stranieri. Murat, un francese si era trasformato in un italiano anzi in un napoletano. Idee e valori che 45 anni dopo trovarono la loro piena realizzazione in Garibaldi con la Spedizione dei Mille e la ricongiunzione del Regno di Napoli al resto d’Italia. Grazie della vostra partecipazione ed arrivederci alla prossima Rievocazione.
Giuseppe Pagnotta
Presidente Associazione Murat
IL LIBRO D’ORO DEI VISITATORI