I Coralli
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Il corallo nell’archeogemmologia natura e storia
CENNI STORICI
Di mitiche origini nato dal sangue della testa recisa di Medusa di cui avrebbe conservato gli stessi poteri, il corallo vanta una storia antichissima in cui un insieme di leggende esalta le sue presunte virtù terapeutiche e scaramantiche che trovano riscontro sia nella cultura orientale che in quella occidentale. Per il suo valore apotropaico, sarà il Cristianesimo paradossalmente a fare del corallo parte integrante della sua simbologia: grani di paternostri, crocefissi, ostensori, fasce battesimali e ornamenti per i Santi diventeranno oggetti privilegiati in cui il rosso ramoscello marino assumerà una definitiva consacrazione come simbolo del sangue di Cristo. A Trapani, ove i banchi corallini davano materia prima in abbondanza, l’arte della lavorazione dei corallo divenne artigianato sistematico a partire dal XV sec. quando cioè, nella Historia di Trapani del 1591, si parla dell’attività dei “corallini e corallari trapanesi”, poiché questo “bono magisterio” si era già affermato da mezzo secolo come espressione d’Arte, avendo già superato la prima fase della semplice produzione, di grani e sferette per le corone del rosario. E’ con la severa scuola della “bottega” che gli apprendisti diventeranno gradualmente esperti artigiani i quali. dopo la scoperta dei nuovi banchi coralliferi di Tabarca, intorno al 1530, rinnoveranno il loro entusiasmo con maggior perizia e abilità creativa. Inimitabili oggetti sacri e profani escono da mani delicatissime ed attente: statuette di madonne. santi, crocefissi, danzatori, scrigni, coppe, teche, vassoi, lampade, cofanetti, gioielli, paliotti, acquasantiere, ostensori. capezzali. cornici, presepi, in cui al prezioso corallo sono frammisti oro, argento, rame,smalti, madreperla, lapislazzuli, perle, agate. Essi rappresentano una serie interminabile di capolavori di fantasia e bravura tecnica in cui il gusto per il grottesco e per il fantastico, reminiscenze della cultura gotica presenti nella tarda miniatura locale e alcuni aspetti della decorazione scultorea delle botteghe gaginesche si rinnovano e diventano attuali e vibranti grazie anche, all’indubbio influsso della già provata esperienza degli orefici palermitani e messinesi la cui “maniera” contribuì a raffinare ed influenzare i corallari trapanesi. Già alla fine del ‘500 e nei due secoli successivi, manifatture di squisita fattura venivano create per committenti di altissimo rango i quali, a loro volta, le destinavano a re, principi, cardinali e papi. Memorabile è la realizzazione della “Montagna di Corallo” acquistati nel 1570 a Trapani, per una cifra altissima, per conto di Don Francesco Ferdinando Avalos de Aquino, Viceré di Sicilia e inviata a Filippo II di Spagna, o quella donata nel 1631, dal Senato di Palermo, a Papa Urbano VIII. Questo apprezzamento delle classi aristocratiche ed ecclesiastiche permise di creare una rete di prestigiose committenze in tutta Europa, con la conseguente richiesta di opere sempre più ricche ed elaborate. Non é pertanto un caso se la stragrande maggioranza di questi capolavori si trovi fuori dalla Sicilia in collezioni quali quelle dei Doria, dei Conti di Schoenborn a Pommersfelden, dei Principi di Ligne, dei re di Spagna. e, più recentemente dei Whitaker.
CENNI NATURALI
L’albero delle acque, pietra magica e simbolica, nell’antichità riunisce tre regni nella sua natura: animale, vegetale e minerale. Per secoli i naturalisti la ritengono una pianta marina che pietrifica una volta estratta dalle acque. Soltanto con il ‘700 grazie agli studi del medico marsigliese Peyssonel, si scopre la vera natura di “animale marino” della gemma rossa. Le numerose specie e generi di corallo altro non sono che l’impalcatura endoscheletrica ramificata, secreta da un celenterato antozoo coloniale marino che vive in acque temperato-calde. La natura è la stessa per ogni provenienza e colore, per i depositi asiatici, polinesiani, africani, mediterranei, per i bianchi, i rosa, i rossi, aranci e salmone, per i rossi accesi e i toni scuri, fino al nero. Tra i materiali di natura organica il corallo entra in uso dopo l’avorio, l’osso e l’ambra anche se la sua prima scoperta risale al neolitico in forma di rametti grezzi e vagli appena abbozzati. A Catal Huyuk, in Anatolia centrale, sono stati trovati esemplari di corallo mediterraneo lavorato che risale a circa 6000 anni a.C. Come l’ambra, anche il corallo segue nei periodi storici vere e proprie vie commerciali: giunge dal Mediterraneo, con Napoli, la Sardegna, Malta e la Sicilia come maggiori centri produttori, dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano attraverso il continente asiatico, fino al Tibet ed alla Mongolia. Fino alla II Età del Ferro altre direttrici puntano verso Nord in territori celtici e verso la Britannia. I luoghi di pesca tradizionali rimangono comunque i banchi del Mediterraneo, come le acque spagnole, nordafricane e maltesi. In Italia si pesca nel Mar ligure, tra le isole tirreniche e lungo le coste della Sicilia, tra Sciacca (da dove proviene il famoso corallo arancione detto “fossile”), Linosa e Pantelleria. Dal Mar Rosso provengono vagli di corallo rosa tubolari conservati nelle tombe predinastiche di Abido in Egitto, gioielli con corallo risalenti all’Egitto tolemaico, ornamenti celtici centro-europei e siberiani dei VI secolo a.C.. A Rorna e in Grecia, a differenza di come si è portati a pensare, l’uso del corallo non è mai frequente, sono rari gli esempi di manufatti glittici (cammei ed elementi intagliati) pervenutici le poche gemme greche arcaiche trovate a Perachora risalgono al VI secolo a.C. e i rari intagli racchiusi in anelli d’oro e di bronzo sono dei periodo che va dal I al III secolo d.C. Nei gioielli archeologici falsificati e riprodotti, il corallo viene sostituito con materiali che vanno dalle comuni plastiche, al vetro, alle conchiglie tinte, al corallo ridotto in polvere e pressato a caldo tramite resine. La sua natura organica lo rende facilmente attaccabile dagli agenti esterni e dal trascorrere del tempo. Un oggetto in corallo conservato per secoli tende a disidratarsi e a cambiar colore, anche se esistono esempi di conservazione perfetta. La colorazione anomala è causata dall’eventuale presenza di sali coloranti che penetrano dal sottosuolo nella struttura rosa della gemma marina. Può inoltre formarsi in superficie uno strato biancastro sottile, una patina friabile dovuta alla calcificazione delcarbonato di calcio che si trasforma in ossido e idrossido. Nei paleosuoli sono anche presenti soluzioni acide alcaline che possono provocare, tramite un lento attacco chimico, una corrosione selettiva che segna il corallo con una fitta alternanza di microbande ondulati.
I miracoli della natura continuano a sorprenderci. Il lavoro del corallo durante la sua crescita nell’ambiente marino è lungo e strettamente legato ad un ecosistema delicatissimo. Nelle acque migliaia di piccoli polipetti bianchi, simili a fiori dai petali sottili, vivono in colonie, tenuti in comunicazione da un sistema di canali gastro-vascolari. Giorno dopo giorno crescono e dalla loro lenta e continua secrezione si genera la struttura calcarea dei polipaio, i banchi, le barriere coralline. Si riproducono per “geminazione” (accrescimento semplice), ma anche per produzione di individui capaci di generare nuove colonie, quando la specie è sessuata. Di specie il corallo ne prevede 27, di queste soltanto cinque sono adatte alla lavorazione in gioielleria. I banchi vengono classificati a seconda delle dimensione e conformazione in: “prementina”, quando il corallo si forma rivolto verso il basso nell’incavo in fondo ad un picco ad uncino rientrante, “chiaia”, “chianozza” o “chianone”, se la piattaforma di espansione della colonna è orizzontale, “pettata”, nel caso di crescita verticale dei rami sul fianco di un riliveo e “mazzarello” o “maciottolo”, quando il corallo copre interamente la superficie di un grosso blocco roccioso. Le profondità marine di ritrovamento vanno dai 25 ai 200 metri per il Mediterraneo fino a raggiungere i 400 metri dei depositi asiatici. Recentemente due nuove varietà di corallo, il Garnet ed il Deep Sea, non ancora classificabili come specie, sono state ritrovate nelle acque del Pacifico vicino alle isole Midway e Hawaii. In particolare il Deep Sea fiorisce a profondità che vanno dagli 800 ai 2000 metri, il che rende impossibile lo studio morfologico preciso e l’eventuale adeguato sfruttamento del giacimento. La differenza tra il prodotto mediterraneo e quello asiatico sono evidenti. Nei nostri mari le formazioni sono meno estese e a “cespuglio”, la colorazione è più uniforme e viene detto “fiorito” o “vivo”, perché è raccolto per la maggior parte nel momento di piena attività della colonia. L’Oriente offre un corallo che cresce “a ventaglio”, su un unico piano, e si raccoglie da banchi dove la vita del polipaio si è arrestata. Per questo motivo si dice “decaduto” o “morto”, la colorazione è molto più varia e spesso presenta macchie biancastre e venature. Le due qualità sono egualmente belle e si prestano entrambi ad ogni tipo di lavorazione, ma il corallo del Mediterraneo specialmente quello italiano, è più ricercato e raro, anche grazie ai centri di lavorazione come Torre dei Greco, la capitale del corallo.