L’Erta di Gianni Paonni
Libro di poesie del poeta e pittore di Pizzo
di Orlando Accetta
Gianni Paonni è stato competente e sensibile educatore per molti decenni, ma è anche poeta e pittore sempre schivo, nonché fine dicitore, la cui goliardia è nota e trascinatrice. Un ottantenne che, per arguzia, per prontezza di spirito, per amabilità, per socialità, è ancora giovanissimo. Si è sempre divertito a scrivere, non solo poesie: in lingua italiana e nel suo dialetto d’origine che, ovviamente, è il pizzitano.
Però non ha mai pubblicato, mentre ora, su sollecitazione di un altro illustre autore pizzitano, Paolo Broussard, ha dato alla stampa un suo libro di componimenti poetici edito da “Calabria Letteraria”, uscito nel mese di ottobre 2008 e che ha intitolato “L’Erta”, ovvero la faticosa salita: «Nel 1960 – scrive Broussard nella presentazione – intraprende la “via del mare” e quei viaggi diverranno “linfa” per sua fantasia: ad ogni approdo, in Africa, Francia, Spagna, ma in particolare in Italia e in Grecia, non tralascia mai di visitare musei, gallerie d’arte e monumenti, per saziare la sua voglia di conoscere e di sapere. Affascinato e contagiato dalla bellezza e dalla perfezione dell’arte greco-romana, dà vita ai suoi primi scritti poetici. Dal 1963, con la realizzazione di alcune poesie e dipinti, inizia la sua partecipazione attiva a una serie di manifestazioni artistiche-letterarie, collezionando riconoscimenti e vincendo premi. Tra le sue pubblicazioni, numerose traduzioni poetiche di classici latini e greci».
Elucubrazioni umane, quelle di Paonni, che si convertono in ricerche spirituali che si proiettano nell’immenso: l’Adamo-Eva che si è ricercato, si è spiegato, si è compreso, si è ora annegato in un intimo pulsare di sensazioni, di sentimenti, di angosce, di ansie, di dubbi, di certezze, di bene, di male, per risorgere a nuova Vita che è Via e Verità, vale a dire Dio stesso trasfigurato, non capito, non riconosciuto, pur se incontrato, non amato, ma perennemente vagheggiato con la mente e col cuore.
Gianni Paonni, così ci sembra, ha ritrovato dentro se stesso e fuori di sé, nel suo essere Uomo-Donna, dopo aver raggiunto la piena contezza dell’umano sentire, il senso della Vera Vita, il Dio che è in lui e in ciascuno di noi: Dio Padre-Madre, senza altra definizione, senza similitudini, senza sdoppiamenti, nell’essere Unico, Indivisibile, Trino, Uomo e Donna.
Sprazzi di Luce in lontananza che danno un significato a questa vita, quali segni luminosi e chiari di un Sole immenso e senza fine che si rivela oltre il pensiero al centro di un grande teatro, nel quale egli e noi consumiamo la vita col Mistero che la pervade, e all’interno del quale ogni affanno e desiderio svaniscono come nebbia o fumo, e più non tornano a dilettarlo e a dilettarci.
E allora la necessità di pensare a quel che circonda l’Uomo-Donna (Gianni Paonni, e noi) che vede passar la vita ormai incompleta e senza forze mirando, forse, al poco che ha donato, nella certezza che stimar se stessi è cosa vana, poiché oramai sa di potersi compiere solamente dentro gli altri: Uomo-Donna, come lui e come noi.
Luce non compresa ma vagheggiata, dall’orgoglio e dalla titubante fede annullata e non vista, Luce d’Amore e di eterna speranza, non accettata e non capita. E poi? Poi sorgono altri pensieri e altri affanni nell’altalena di una vita che va accettata a piene mani, nella ricerca perenne e spasmodica del suo significato e che lo sprona (e ci sprona) a rivolgersi con sofferenza e con fatica verso l’infinito, verso “L’Erta”, appunto, elevando lo spirito a Dio!